Chiedo silenzio La mattina è gonfia di tempesta Ubriaco Abbiamo perso La canzone disperata Se tu mi dimenticassi Saprai che non t'amo e che t'amo Perchè tu mi oda Il tuo sorriso Mattino Chiedo silenzio Ora, lasciatemi tranquillo Ora, abituatevi senza di me. Io chiuderò gli occhi. E voglio solo cinque cose, cinque radici preferite. Uno è l'amore senza fine. La seconda è vedere l'autunno. Non posso vivere senza vedere che le foglie volino e tornino alla terra. La terza è il grave inverno, la pioggia che ho amato, la carezza del fuoco nel freddo silvestre. La quarta cosa è l'estate rotonda come un'anguria. La quinta cosa sono i tuoi occhi. Matilde mia, bene amata, non voglio dormire senza i tuoi occhi, non voglio esistere senza che tu mi guardi: io muto la primavera perché tu continui a guardarmi. Amici, questo è ciò che voglio, È quasi nulla e quasi tutto. La mattina è gonfia di tempesta La mattina è gonfia di tempesta nel cuore dell'estate. Come bianchi fazzoletti d'addio viaggiano le nubi, il vento le scuote con le sue mani peregrine. Cuore infinito del vento che palpita sul nostro silenzio innamorato. E ronza tra gli alberi, orchestrale e divino, come una lingua piena di guerre e di canti. Vento che rapina fulmineo le foglie secche e devia le frecce palpitanti degli uccelli. Vento che le travolge in onda senza spuma e sostanza senza peso, e fuochi inclinati. Si rompe e sommerge il suo volume di baci combattuto sulla porta del vento dell'estate. Ubriaco Ubriaco di trementina e di lunghi baci, guido il veliero delle rose, estivo, che volge verso la morte del giorno sottile, posato sulla solida frenesia marina. Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica incrocio nell'acre odore del clima aperto, ancora vestito di grigio e di suoni amari, e di un cimiero triste di spuma abbandonata. Vado, duro di passioni, in sella all'unica mia onda, lunare, solare, ardente e freddo, repentino, addormentato nella gola di felici isole bianche e dolci come freschi fianchi. Trema nella notte umida il mio abito di baci follemente carico di impulsi elettrici, diviso in modo eroico tra i miei sogni e le rose inebrianti che con me si cimentano. Controcorrente, in mezzo a onde esterne, il tuo corpo parallelo si ferma tra le mie braccia come un pesce per sempre incollato alla mia anima, rapido e lento nell'energia subceleste. Abbiamo perso Abbiamo perso anche questo crepuscolo. Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano mentre la notte azzurra cadeva sul mondo. Ho visto dalla mia finestra la festa del tramonto sui monti lontani. A volte, come una moneta mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani. Io ti ricordavo con l'anima oppressa da quella tristezza che tu mi conosci. Dove eri allora? Tra quali genti? Dicendo quali parole? Perchè mi investirà tutto l'amore di colpo quando mi sento triste e ti sento lontana? È caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi. Sempre, sempre ti allontani la sera e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue. La canzone disperata Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono. Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato. Abbandonato come i moli all'alba. È l'ora di partire, oh abbandonato! Sul mio cuore piovono fredde corolle. Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi! In te si accumularono le guerre e i voli. Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto. Tutto hai inghiottito, come la lontananza. Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio! Era l'ora felice dell'assalto e del bacio. L'ora dello stupore che ardeva come un faro. Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco, torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio! Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita. Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio. Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio! Feci retrocedere la muraglia d'ombra, andai oltre il desiderio e l'atto. Oh carne, carne mia, donna che amai e persi, te, in quest'ora umida, evoco e canto. Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza, e l'infinito oblio t'infranse come una coppa. Era la nera, nera solitudine delle isole, e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia. Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta. Erano il dolore e le rovine, e tu f osti il miracolo. Ah donna, non so come hai potuto contenermi nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia! Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto, il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido. Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe, ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli. Oh la bocca morsa, oh le baciate membra, oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati. Oh la copula pazza di speranza e di vigore in cui ci annodammo e ci disperammo. E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina. E la parola appena incominciata sulle labbra. Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito, e i n esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio! Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti. In piedi come un marinaio sulla prua di una nave. Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti. Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro. Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere, scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! È l'ora di partire, la dura e fredda ora che la notte lega ad ogni orario. Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa. Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli. Abbandonato come i moli nell'alba. Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani. Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa. È l'ora di partire. Oh abbandonato!. Se tu mi dimenticassi Voglio che tu sappia una cosa. Tu sai com'è questa cosa: se guardo la luna di cristallo, il ramo rosso del lento autunno alla mia finestra, se tocco vicino al fuoco l'impalpabile cenere o il rugoso corpo della legna tutto mi conduce a te, come se ciò che esiste, aromi, luce, metalli, fossero piccole navi che vanno verso le tue isole che m'attendono. Orbene, se a poco a poco cessi d'amarmi cesserò d'amarti a poco a poco. Se d'improvviso mi dimentichi, non cercarmi, che già ti avrò dimenticata. Se consideri lungo e pazzo il vento di bandiere che passa per la mia vita e ti decidi a lasciarmi sulla riva del cuore in cui ho le radici, pensa che in quel giorno, in quell'ora leverò in alto le braccia e le mie radici usciranno a cercare altra terra. Ma se ogni giorno, ogni sera senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile se ogni giorno sale alle tue labbra un fiore a cercarmi ahi, amore mio, ahi mia, in me tutto quel fuoco si ripete, in me nulla si spegne né dimentica il mio amore si nutre del tuo amore, amata, e finché tu vivrai starà tra le tue braccia senza uscire dalle mie. Saprai che non t'amo e che t'amo Saprai che non t'amo e che t'amo perché la vita è in due maniere, la parola è un'ala del silenzio, il fuoco ha una metà di freddo. Io t'amo per cominciare ad amarti, per ricominciare l'infinito, per non cessare d'amarti mai: per questo non t'amo ancora. T'amo e non t'amo come se avessi nelle mie mani le chiavi della gioia e un incerto destino sventurato. Il mio amore ha due vite per amarti. Per questo t'amo quando non t'amo e per questo t'amo quando t'amo. Perchè tu mi oda Perché tu mi oda le mie parole a volte si assottigliano come le orme dei gabbiani sulle spiagge. Collana, sonaglio ebbro per le tue mani dolci come l'uva. E le vedo lontane le mie parole. Più che mie esse son tue. Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera. Si arrampicano così sulle pareti umide. Sei tu la colpevole di questo gioco sanguinoso. Esse fuggono dal mio rifugio oscuro. Tu riempi tutto, tutto. Prima di te popolarono la solitudine che occupi, e sono abituate più di te alla mia tristezza. Ora voglio che dicano ciò che voglio dirti. Perché tu oda come voglio che m'oda. Il vento dell'angoscia ancora le trascina. Uragani di sogni a volte ancora le abbattono. Senti altre voci nella mia voce addolorata. Pianto di vecchie bocche, sangue di vecchie suppliche. Amami, compagna. Non abbandonare. Seguimi. Seguimi, compagna, in quest'onda di angoscia. Ma vanno tingendosi del tuo amore le mie parole. Tu occupi tutto, tutto. Ne farò di tutte una collana infinita per le tue mani bianche, dolci come l'uva. Il tuo sorriso Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l' aria, ma non togliermi il tuo sorriso. Non togliermi la rosa, la lancia che sgrani, l'acqua che d' improvviso scoppia nella tua gioia, la repentina onda d'argento che ti nasce. Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d' aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita. Amore mio, nell' ora più oscura sgrana il tuo sorriso, e se d' improvviso vedi che il mio sangue macchina le pietre della strada, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca. Vicino al mare, d'autunno, il tuo riso deve innalzare la sua cascata di spuma, e in primavera, amore, voglio il tuo riso come il fiore che attendevo, il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora. Riditela della notte, del giorno, delle strade contorte dell'isola, riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama, ma quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, quando tornano i miei passi, negami il pane, l'aria, la luce, la primavera, ma il tuo sorriso mai, perché io ne morrei. Mattino Aspro amore, viola coronata di spine, cespuglio tra tante pasioni irto, lancia dei dolori, corolla della collera, per che strade e come ti dirigesti alla mia anima? Perché precipitasti il tuo fuoco doloroso, d'improvviso, tra le foglie fredde della mia strada? Chi t'insegnò i passi che fino a me ti portarono? Quale fiore, pietra, fumo ti mostrarono la mia dimora? Certo è che tremò la notte paurosa l'alba empì tutte le coppe del suo vino e il sole stabilì la sua presenza celeste, mentre il crudele amore m'assediava senza tregua finché lacerandomi con spade e spineaprì nel mio cuore una strada bruciante.